"Cucinare è come amare... o ci si abbandona completamente o si rinuncia."
(Harriet Van Horne)


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giovedì 14 marzo 2013

La colomba di Pasqua



Io amo le sfide con me stessa. Anche quelle che sai già in partenza di avere poche possibilità di vincere. Così se non va male non sarai assalito dai sensi di colpa e tenderai a giustificare il fallimento con scuse tipo "Era troppo difficile, però ho voluto provarci". Se invece per qualche miracolo tutto va alla perfezione la soddisfazione è altissima e l'autostima, che ve lo dico a fare.


Così, sparisco per secoli dal blog e ritorno con una robina da niente, eh.

Insomma, una che non ha neanche il tempo di respirare, nel giorno di riposo cosa può fare? Riposarsi? Uscire? No... piuttosto, dedicare circa dieci ore alla preparazione casalinga della colomba pasquale. Ovvio, no?

E sono stata così splendida da fare le cose per bene come una foodblogger che si rispetti, vale a dire, con il giusto anticipo in modo da poter postare qualche giorno prima di Pasqua e non due mesi dopo...

C'è da dire che io ho sempre nutrito un timore assurdo verso tutte le preparazioni lievitate. Però per superare le paure bisogna affrontarle, prendendole proprio di petto. E alla fine, passata la paura, mi sono pure emozionata nel vedere crescere l'impasto.




Ma vediamo un po' prima della sfida come era la situazione.


Punti a mio favore:

- entusiasmo;
- una mix di due ricette scelte accuratamente e di autori decisamente affidabili;
- il mio super forno nuovo;

Punti a mio sfavore:

- inesperienza: mai fatto un lievitato (e questo punto già da solo vale doppio, anzi triplo);
- mancanza di una planetaria/impastatrice, quindi si lavora tutto a mano (e anche questo vale doppio);
- elementi di disturbo (mia madre che ha tentato di boicottare l'impresa, prima dicendomi che non valeva la pena perdere tutto questo tempo, poi dandomi consigli operativi non in linea con la ricetta).
- dovermi alzare presto anche la domenica per avere tempo a sufficienza.

Ecco sono partita in netto svantaggio, ma poi ho messo in atto una remuntada pazzesca!




Quindi lo ammetto, sono soddisfatta del risultato e mi sento proprio figa, lasciatemelo dire (cioè lasciatemi nel mio brodo che la felicità è fatta di piccole cose, anche di esagerati autocompiacimenti).


La ricetta non è difficile, a parte ovviamente il dover impastare tutto a mano. E' impegnativa per il numero di passaggi da seguire e perchè si sta in ballo una decina di ore tra impasti e tempi di lievitazione. Otterrete un dolce profumato e soffice, non secco e cartonato come alcune colombe industriali. Quindi è una ricetta che funziona! Non vi resta che provarla!
Però non è andato tutto liscio. Gli errori ci sono stati e sono imputabili solo a me.

Ve li racconterò man mano nella ricetta.




(Ricetta dell'impasto presa da Misya nel cui sito troverete anche le foto di ogni passaggio, cosa che io mi rifiuto categoricamente di fare e che anche volendo è impossibile senza un assistente e senza una planetaria visto che le mani sono sempre "in pasta",
Ricetta della glassa presa da GZ)



Ingredienti per uno stampo da 1 Kg:

Per l'impasto:
500 gr di farina (Misya non ha indicato che tipo di farina, io ho usato la Manitoba)
100 ml di acqua
25 gr di lievito di birra
200 gr di burro
170 gr di zucchero (Andrebbe aumentata la quantità perchè la colomba non risulta tanto dolce)
5 tuorli
30 ml di latte
1 cucchiaio di essenza di vaniglia
buccia grattugiata di 1 limone
buccia grattugiata di un’arancia
1 pizzico di sale
50 gr di canditi(opzionale, io non li ho messi)

Per la glassa:
50 gr granella di zucchero
2 albumi
50 gr di mandorle non spellate
80 gr di farina di mandorle
80 gr di zucchero a velo vanigliato



Primo impasto
Fare la biga facendo disciogliere il lievito in 100 ml di acqua tiepida.
Aggiungere 140/150 gr di farina e iniziare a mescolare.

Lavorare l’impasto fino ad ottenere un panetto morbido. (E' stata un'impresa lavorare l'impasto, era sempre appiccicosissimo, al punto che mi aveva ricordato questa disavventura qui e stavo per demordere al primo step).
Fare una croce sul panetto e metterlo in un contenitore in cui avrete messo dell’acqua tiepida. (La croce non mi è proprio riuscita, era troppo molle e appiccicoso).
Chiudere la ciotola e lasciar lievitare per 30 minuti. Il panetto dopo la lievitazione sarà raddoppiato di volume e salirà a galla. (Utilizzate un contenitore grande, perchè l'impasto cresce molto. Altrimenti vi troverete come me con l'impasto appiccicato al coperchio della ciotola).

Secondo impasto
In un’ampia ciotola versare la restante farina (350 gr di farina), lo zucchero, i tuorli, 100 gr di burro ammorbidito, un pizzico di sale, un cucchiaio di essenza di vaniglia e la buccia grattugiata del limone e dell’arancia.
Iniziate a lavorare l’impasto aggiungendo tanto latte fino ad ottenere un impasto lavorabile (a me ne son bastati 30 ml).
Prendere la biga, sgocciolatela dall’acqua e aggiungerla all’impasto.
Trasferire l’impasto su una spianatoia e lavorare fino ad ottenere un panetto morbido, omogeneo e un pò appiccicoso quindi mettere in una ciotola in forno spento a lievitare per 1 ora. (Io ho dovuto aggiungere farina per poterlo lavorare con le mani).

Terzo impasto
Riprendere l’impasto ed aggiungere 50 gr di burro ammorbidito.
Lavorare energeticamente per almeno 10 minuti quindi rimettete il panetto nella ciotola in forno spento a lievitare per 4 ore.
Dopo la lievitazione l’impasto sarà raddoppiato di volume.

Quarto impasto
Riprendere l’impasto ed aggiungere gli ultimi 50 gr di burro ammorbidito e se volete i canditi. (O altro, tipo uvette, gocce di cioccolato, gocce di frutta essiccata).
Lavorare l’impasto per 15 minuti, poi adagiatelo nello stampo per colomba. (A questo punto sentirete proprio la consistenza cambiare, nel senso che sarà sicuramente più unta per via del burro, ma una volta assorbito sarà finalmente lavorabile e non più appiccicoso).
Mettere la colomba in forno spento e fate lievitare per 2/3 ore o fino a che il dolce non arriva quasi ad altezza del bordo dello stampo.

Ora preparare la glassa sbattendo gli albumi e aggiungendo poco per volta lo zucchero a velo e la farina di mandorle. La glassa risulterà densa.
Se non trovate la farina di mandorle potete farla in casa il giorno prima. Dovrete spellare le mandorle dopo averle tuffate per un paio di minuti in acqua bollente. Dopo di che, le passerete qualche minuto al forno per farle asciugare e infine le frullate con un cucchiaino di zucchero ogni 100 grammi.
Non fate come me che avevo dimenticato di farlo il giorno prima e l'ho fatto al momento col risultato che le mandorle ancora umide hanno rilasciato olio e non sono diventate farina, ma sono rimaste tritate. Infatti la mia glassa seppur buona, non ha formato la tipica crosticina.


Togliete la colomba dal forno e poggiatela su un piano ricoperta da un canovaccio quindi accendete il forno e preriscaldatelo a 190°. Distribuite la glassa sul dolce e completate con le mandorle non spellate e la granella di zucchero.

Cuocete la colomba nel forno già caldo per 10 minuti a 190° poi impostate la temperatura del forno a 180 e proseguite la cottura per altri 30 minuti (non dovrei dirlo perchè è una regola base, ma si può sempre sbagliare. Non aprite il forno, possibilmente fino alla fine della cottura, altrimenti come successo a me, la vostra colomba crollerà più o meno rovinosamente al centro. E' colpa di mia madre che mi continuava a dire che si stava bruciando e che l'avevo messa all'altezza sbagliata nel forno...)

Estraete la colomba dal forno e fatela raffreddare su una gratella e mangiatene in quantità!
Se dovesse avanzare, conservatela in un sacchetto di plastica. Si manterrà fragrante per diversi giorni.









La mia reflex si dissocia da me e dalle mie foto oscene.





martedì 5 febbraio 2013

Cassatelle di Sant'Agata (Minnuzzi ri Sant'Ajita)




Ormai anche i muri sanno che sono milanese, ma orgogliosa delle mie origini siculo/pugliesi.
In termini culinari significa avere un bacino esagerato di ricette della tradizione da cui attingere a cui si aggiungono quelle rivisitate.
E io amo particolarmente la tradizione, soprattutto perché quasi sempre si accompagna ad una storia familiare o popolare.

Così in questi giorni mi sono trovata a dover scegliere tra due ricorrenze religiose vicine, abbinate a due diverse tradizioni culinarie.
La prima era la milanesissima tradizione del panettone da mangiare il giorno di San Biagio (il 03 febbraio).
Si narra infatti che nel VI secolo d.C. una mamma portò a San Biagio, all'epoca un vescovo guaritore, il figlio che stava morendo a causa di una lisca infilata in gola. San Biagio gli diede da mangiare un pezzo di pane che rimosse la spina salvando il ragazzo.
Così è tradizione conservare il panettone, che da Natale è sicuramente seccato un po', per mangiarlo come prima cosa il 3 febbraio perché «se benedis la gola e él nas» (protegge gola e naso).

L'idea era quella di rivisitare il panettone, creando un altro dolce, o con qualcosa di salato che ultimamente va parecchio di moda! Però da ingorda quale sono, a Natale il panettone ci è arrivato per miracolo... e, a differenza degli anni passati, a feste finite, nei supermercati i panettoni erano spariti.





Così, con buona pace di San Biagio ho onorato la tradizione siciliana, anzi per essere precisi, catanese, legata a Sant'Agata.
E anche qui, c'è una storia dietro.
Riporto la sintesi direttamente da Wikipedia:
"La giovane Agata visse nel III secolo. Esponente di una famiglia patrizia catanese, sin da giovane consacrò la sua vita alla religione cristiana. Venne notata dal governatore romano Quinziano che decise di volerla per sé. Al rifiuto di Agata, la perseguitò in quanto cristiana e, perdurando il rifiuto della giovane, la fece martirizzare e mettere a morte il pomeriggio del 5 febbraio 251. Subito dopo la morte cominciò ad essere venerata da gran parte della popolazione anche di religione pagana. Da qui si sviluppò il culto di Agata che si diffuse anche fuori dalla Sicilia e ben presto il Papa la elevò alla gloria degli altari."

La storia purtroppo non è assolutamente anacronistica, anzi. Il malcostume delle violenze subite dalle donne che rifiutano un uomo (per le ragioni più disparate, ma tutte legittime!) è tristemente attuale. Cambiano i rituali, ma la storia si ripete.
Nel caso di Sant'Agata, la violenza perpetrata ai suoi danni fu quella di amputarle i seni prima di ucciderla.
Così, sia per festeggiarla nel giorno del suo martirio (il 5 febbraio, anche se la festa a Catania comincia dal 3) che per assicurarsi la protezione della Santa al proprio seno, si producono e consumano, rigorosamente in coppie, i Minni di Sant'Ajita.
Vengono anche chiamate Cassatelle di Sant'Agata o Minni di Vergini.
Le mie origini sono messinesi quindi questo dolce non fa parte della tradizione della mia famiglia, ma essendo io appassionata di quello che succede in tutta la Sicilia ho voluto provarle.
Lo spunto mi è arrivato dalla lettura (ormai diversi mesi fa) del libro bellissimo "Il conto delle minne" di Giuseppina Torregrossa (da cui ho tratto la ricetta), la cui storia ruota intorno a questo dolce. Vi consiglio di leggerlo e a breve vi lascerò qui il link alla mia personalissima recensione.







Ingredienti per 12 minnuzze:

Per la pasta frolla:

600 gr farina
120 gr strutto
(io ho usato il burro e ho dovuto quasi raddoppiare le dosi)
150 gr zucchero a velo
aroma di vaniglia
(io ho usato la vanillina)
2 uova


Tagliare lo strutto a dadini e lavorarlo tra le dita insieme alla farina.
Quando i due ingredienti saranno ben amalgamati aggiungere lo zucchero a velo, incorporare le uova e la vaniglia. Impastare velocemente. Quando il composto
avrà una consistenza soffice ed elastica, da poterci affondare le dita come in un seno voluttuoso (notare la poesia nelle parole di Giuseppina Torregrossa), coprire con una mappina e lasciare riposare.

Per il ripieno:
500 gr ricotta di pecora100gr di canditi di zucca, cedro, arancia (io non li ho messi)
100 gr gocce di cioccolato
80 gr zucchero


Lavorare lo zucchero e la ricotta sino ad ottenere una crema liscia e senza grumi. Unire i canditi e il cioccolato.
Lasciare riposare in frigorifero per un'ora circa.


Per la glassa:
350 gr zucchero a velo
2 cucchiai succo di limone
2 albumi
(mi raccomando, pastorizzati!!!!!!!)


Montare parzialmente gli albumi con un pizzico di sale. Aggiungere lo zucchero, il succo di limone e continuare a mescolare fino ad ottenere una crema bianca, lucida, spumosa.

*Le cassatelle di Sant'Agata vengono fatte anche con delle varianti:
- il Pan di Spagna bagnato nel rosolio al posto della pasta frolla;
- il biancomangiare al posto della ricotta.