"Cucinare è come amare... o ci si abbandona completamente o si rinuncia."
(Harriet Van Horne)


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sabato 25 agosto 2012

Agriturismo "Moulin des Aravis" (AOSTA)

Sparita? In vacanza da oltre un mese? Noooo... niente di tutto questo...
In ferie quello sì, per chiusura aziendale, da poco meno di venti giorni (oggi è l'ultimo ufficiale), ma anche quest'anno le vacanze le ho saltate (uno sport a cui mi sto dedicando con molta assiduità negli ultimi anni, mio malgrado).
Ci saranno tempi migliori, lo dico da un po'.


Giusto per spezzare il piattume di un'estate, ma che dico, di un anno senza neanche una gita fuori porta, ma soprattutto per trovare refrigerio dal caldo assurdo di quest'anno (e lo dice una che non ha mai sofferto il caldo!), ho finalmente deciso di farmi un week end in Valle D'Aosta.
Precisamente 11 e 12 Agosto.
Qui vive una mia carissima amica, che in otto anni non mi sono mai degnata di andare a trovare con la scusa del freddo e della neve.
Della parte più turistica di questo week end ne ho scritto altrove, ma il link lo inserirò solo tra qualche tempo (ci sono dei lavori in corso!), mentre qui parlerò di due esperienze culinarie a dir poco sublimi.

In questo post la prima.

"Moulin des Aravis"
Fraz. Savin, 55
11020 Pontboset
(Valle di Champorcher sulle sponde del torrente Ayasse)
AOSTA
Tel. 0125/809831 - 329/8013184
lemoulin@libero.it

Come potete notare, già l'indirizzo è un po' complesso, arrivarci peggio.
Io ci sono andata con persone del posto che, non essendoci mai andate prima, un po' di difficoltà per trovarlo l'hanno avuta, ma sapevano comunque come orientarsi.
Per chi non è della valle credo sia fondamentale affidarsi ad un navigatore perchè si tratta di una strada senza punti di riferimento significativi, con pochissime abitazioni (e quindi gente a cui chiedere informazioni). In ultimo, i cellulari non prendono!
Potete anche fare riferimento a
queste indicazioni.
Se vi ho spaventato pensate che io sono una milanese doc da questo punto di vista, abituata a vivere in una metropoli dove c'è praticamente sempre un punto di riferimento, tanta gente, cellulari e palazzi ovunque... e comunque la cena vale assolutamente l'eventuale fatica nel cercare l'agriturismo!



Il locale è stato ricavato da una vecchia segheria, ma il restauro è stato molto accurato rendendo l'ambiente caldo, accogliente e curato in ogni dettaglio per ospitare in maniera impeccabile circa 30 persone.
Oltre alla sala ristorante che si affaccia sul torrente (il cui frusciare è la musica di sottofondo della cena), sono a disposizione degli ospiti quattro camere matrimoniali di cui due accessibili anche ai disabili.
L'azienda agricola produce molti dei prodotti che sono alla base dei piatti offerti nel menu, primi fra tutti i frutti di bosco.
Inoltre il mulino ad acqua viene tuttora utilizzato per macinare la loro segale e sfornare dell'ottimo pane!




Il menu che ci è stato servito comprendeva:

Antipasti:
- salumi tipici
- lingua con bagnetto
- mousse di ricotta con erbe
- castagne col burro

Primi piatti:
- risotto con funghi e mirtilli
- vellutata di zucchine ed erbe

Secondi piatti:
- arrosto con patate
- formaggi tipici valdostani

Contorni:
- zucchine e fagiolini

Frutta & Dolce:
- macedonia di frutti di bosco con panna
- torta di mirtilli

Ecco, permettetemi di dare due premi all'originalità oltre che alla bontà.
Il primo alle castagne col burro, un antipasto particolarissimo e veramente buono. Astenersi commesali rigidi di vedute che considerano le castagne solo un frutto quindi fuori luogo come antipasto!
Il secondo al risotto coi funghi e mirtilli. Saporito e cremoso al punto giusto coi mirtilli, in quantità non invadente, che davano quel quid in più. Il mio piatto preferito della serata!

E il tutto (bis e vini compresi) per poco meno di 30 euro a testa.
Clap! Clap!

Purtroppo, come sempre, non vi parlo di vini visto che sono "analcolica"!

Concludo con questo dettaglio del menu... sante parole!





P.S. : Le foto che vedete sono fatte con la reflex! Olé!! Non sono ancora nulla di esaltante perchè sono ancora nella fase di studio e di sperimentazione... Purtroppo non ci sono immagini dei piatti perchè l'ingorda che è in me ha avuto il sopravvento sulla fotografa... me so magnata tutto senza pensare a fare foto!
Comunque per dare un'occhiata al reportage completo del week end in Valle D'Aosta fate un giro sull'album dedicato su Flickr,
qui.
E già che ci siete guardate anche le altre foto che sto pian piano caricando e datemi la vostra opinione!




mercoledì 11 luglio 2012

La fine di un'epoca... (un post lungo e apparentemente fuori luogo, ma dovevo scriverlo!)





"Attenzione! Questo post è estremamente lungo e non contiene ricette! Se sei un/a temerario/a e vuoi leggerlo tutto sappi che è a tuo rischio e pericolo... potresti annoiarti a morte o piangere di tristezza... Se invece deciderai di saltarlo a piè pari o di non arrivare alla fine, ti capisco... però così facendo non saprai mai se sono diventata matta postando qui un simile articolo o se invece un motivo c'è... Come nei libri gialli la soluzione al mistero si trova alla fine, ma non vale scorrere fino in fondo per leggere solo l'epilogo!"

Un sabato sera d'estate come un altro. Forse solo un po' più caldo. I milanesi noncuranti della calura si "buttano giù da gara" (linguaggio da "pischella milanese"!) per raggiungere i locali nelle zone della movida. Che si fa? Facciamo un "ape" (non credo che nessuno più dica aperitivo... per tutti è solo l' "ape" !)... No, andiamo a cena... o anche, andiamo a bere qualcosa e poi andiamo a ballare.
Quando ero più mondana di adesso, nella lista dei posti dove passare una bella serata c'è sempre stato il teatro.

E così sabato 30 Giugno 2012 (data che passerà alla storia) ho messo da parte la pigrizia e la stanchezza e sono andata a teatro.
E' stato uno spettacolo diverso dal solito. Uno spettacolo che nessuno avrebbe voluto vedere, ma a cui non si poteva mancare.
Sabato 30 Giugno infatti è andata in scena la festa di chiusura del Teatro Smeraldo di Milano. Chiamarla "festa" suona sarcastico, ma è meglio festeggiare decenni di gloria che resteranno indelebili nella memoria piuttosto che piangere sulla fine ingiusta di una vera e propria istituzione.

Ho sfidato il sonno con una pennichella post-cena e ho affrontato stoicamente l'eterno e sfiancante dilemma del "cosa mi metto?" che si svolge rigorosamente davanti ad un armadio pieno fino quasi a scoppiare! Dopo la prima fase di sconforto in cui sembra sempre predominare la resa del "non ho niente da mettermi", l'outfit giusto salta sempre fuori.
Ho indossato una gonnellina bianca, un top rosso, un paio di zeppe di corda e tela bianca e una borsa rossa e sono uscita.
Solo pochi metri dividono casa mia dal teatro. Infatti ero solita dire "abito in zona Smeraldo!" Ora sarò costretta a dire "abito in zona cantiere ex Smeraldo" :-(

Mancava qualche minuto a mezzanotte quando sono arrivata davanti all'ingresso del teatro. Le saracinesche erano ancora chiuse, ma c'era già parecchia gente ad attendere l'apertura, l'ultima.
Il target era veramente eterogeneo a dimostrazione del fatto che il teatro è una forma di cultura che unisce le persone senza distinzione alcuna. C'erano ragazzi, adulti, anziani, famiglie con bambini piccoli e anche un riconoscibile gruppo di attori in erba... Perchè "riconoscibile"? Perchè gli artisti hanno sempre qualcosa di particolare che permette di renderli inconfondibili. Può essere qualcosa che indossano o un atteggiamento. Poi insomma, ho lavorato nei villaggi turistici, ho ballato una vita e lavoro coi creativi pubblicitari, che sempre artisti sono... ormai ho l'occhio clinico!
La gente che man mano arrivava aveva quasi riempito quella lingua di marciapiede risparmiata dal cantiere maledetto. Sì perchè spesso costruire qualcosa implica distruggere qualcosa d'altro.











E come a voler rimarcare questo concetto, la locandina dell'evento è stata stampata in diverse copie e la maggior parte di queste erano state appiccicate sui recinti che delimitavano il cantiere. 





Armata della mia ormai inseparabile nuova reflex ho vestito i panni della fotoreporter in concorrenza con quello che credo fosse il fotografo ufficiale... Cercavo di arrivare prima di lui e di prendere per prima le giuste inquadrature.
Peccato che lui avesse un parco ottiche di tutto rispetto e io solo la mia ciofeca 18-55 mm (che al buio o in caso di necessità di fotografare soggetti lontani è abbastanza improponibile!)... E, nonostante mi atteggiassi a paparazza, scattavo quasi a caso visto che ancora la maggior parte dei tasti e delle funzioni della mia Canon sono un mistero per me! Probabilmente il risultato è  appena guardabile, ma non potevo non avere delle foto dell'evento!





Poi ho rivolto l'obiettivo in alto, appena sopra la pensilina e non ho potuto proprio esimermi dall'immortalare un'insegna luminosa decisamente pregna di significati. Ma non per tutti. Solo per chi come me, non ha solo goduto delle emozioni del Teatro Smeraldo, ma anche di quelle di Ventaglio, l'ormai defunto Tour Operator dalle cui proprie ceneri in molti speriamo possa rinascere, come una moderna Araba Fenice.
Questi binomio è stato per tanto tempo motivo di gioia per me... i miei teatri preferiti uniti in collaborazione col Tour Operator con cui ho trascorso le più belle vacanze della mia vita e anche l'esperienza lavorativa più forte quando da turista ho deciso di passare dall'altro lato della barricata e diventare staff nei villaggi.
E il binomio teatro-villaggio l'ho appunto ritrovato anche quando lavoravo con Ventaglio nel senso che era quello il mio posto preferito. Era lì che amavo rifugiarmi quando avevo un po' di tempo libero. Non c'era bisogno che ci fossero spettacoli in scena o prove, mi bastava solo essere lì, anche da sola... e avrei potuto passare ore ad osservare ogni dettaglio. Mi sedevo sulle gradinate e lasciavo andare l'immaginazione. Mi vedevo calcare il palco come ballerina classica professionista, il vecchio sogno di bambina infranto troppo presto per colpa di un pediatra che non aveva capito che essere magri per la danza è un vantaggio e non un limite.
Oppure mi vedevo nei panni più attuali della ballerina di danze caraibiche protagonista di uno show caliente in cui già sapevo chi sarebbe stato il mio ballerino, l'abito e persino il mix di musiche su cui avremmo ballato.
E se c'era ancora tempo per fantasticare, mi alzavo e mi dirigevo prima sul palco ad osservare ogni dettaglio, luci comprese, poi mi introducevo dietro le quinte tra i camerini dove su ogni sedia c'era il nome di uno dei componenti dello staff, che ti sembrava strano vederle vuote e soprattutto ascoltare il silenzio... Se fosse stato show time quei pochi metri si sarebbero animati di gente che, dopo aver scaramanticamente urlato "merda, merda, merda", iniziava a correre di qua e di là, cambiando velocemente l'abito di scena, anche spogliandosi completamente se necessario, in una promiscuità a cui nessuno fa caso.
Passando poi per il tripudio di colori degli abiti della costumeria tra macchine da cucire sempre in funzione e scampoli di stoffe in attesa di prendere nuova vita rinnovando e arricchendo qualche vecchio e polveroso abito di scena, si arrivava ad un altro posto per me adorabile: la sala dello scenografo. In un teatro normale e non in villaggio, sicuramente le scenografie arrivano da laboratori esterni, mentre lì si fa tutto in casa... la magia dei colori, dei pannelli dipinti, del legno che prende forma ricreando paesaggi e ambienti, la bellezza di un lavoro manuale (faticoso!) e creativo che è parte integrante e fondamentale della storia che verrà raccontata in scena.
Speravo sempre di poter aiutare lo scenografo in villaggio e al mio ritorno a vita stanziale ho letto tante cose a proposito della scenotecnica teatrale e oltre al tarlo della laurea in psicologia che non ho mai conseguito per problemi familiari, si è aggiunta anche quella in scenografia!  Ora che lavoro a pochi passi dall'Accademia delle Belle Arti di Brera spesso in pausa pranzo mi siedo su una panchina nei pressi dell'ingresso e guardo gli studenti che entrano ed escono pensando ad un'altra mia possibile carriera morta ancora prima di nascere.










Finalmente qualche minuto dopo la mezzanotte hanno alzato le serrande e per l'ultima volta il pubblico dello Smeraldo ha potuto varcare la soglia del teatro.
Ad accoglierci la biglietteria sulla sinistra e il guardaroba sulla destra, ovviamente non funzionanti e poco più avanti il bar, quello invece era attivo.
Il foyer non è molto grande, infatti pochi passi dividono l'ingresso dalla tenda rossa di velluto pesante che delimita l'ingresso in sala.
Ho osservato ogni dettaglio e ho fotografato tutto quello che ho potuto... persino i cartelli con gli avvisi al pubblico! Sicuramente il cimelio numero uno è il bellissimo lampadario che domina il centro del foyer con il disco dorato da cui partono tanti fili con applicati dei vetrini. La polvere depositatasi ne ha offuscato parte dello splendore, ma io ho passato molto tempo con la testa all'insù immaginandomelo bello lucidato e non ho potuto fare a meno di pensare che a casa mia starebbe divinamente! Sarà un segno del destino che a distanza di otto mesi dal trasloco io non abbia ancora comprato un lampadario perchè nessuno mi ha convinto? Forse il destino ha voluto che mi innamorassi di questo! Sarebbe bello far vivere un pezzo di teatro nel cuore di casa mia... Ecco, se il Sig. Longoni, storico patron del teatro per qualche strano caso sta leggendo queste righe ora lo sa... se il lampadario deve finire sotto una ruspa o deve passare per le mani di indelicati operai, io voglio salvarlo!







Io e una signora anziana siamo riuscite ad entrare per prime e davanti a noi si è svelato un panorama desolante. Avevo letto in diversi articoli come si sarebbe svolto l'evento. Come giustamente descritto in quegli articoli, il teatro è stato "sventrato" delle sue poltrone per creare una grande pista dove il pubblico avrebbe potuto ballare da mezzanotte all'alba. Di fronte a noi, sul palco, si stagliava nella sua postazione molto minimal, il dj che già stava mettendo musica. 
E sullo sfondo una saracinesca con delle scritte molto eloquenti chiudeva brutalmente il dietro le quinte.




Che poi visto da una giusta angolazione e accentuato da un effetto seppia, il palco, la serranda e il dj ricordavano un po' delle atmosfere da club newyorkese fine anni 80. Io a New York purtroppo non ci sono mai stata, né negli anni 80, né dopo, ma ho visto tanti film ambientati nella grande mela e soprattutto quelli incentrati su danza e teatro. E poi volevo fare la splendida attirando l'attenzione
sulla foto qui sotto di chi è così temerario da essere arrivato a leggere fino qui!






La gente che man mano arrivava però non ballava. Si guadava intorno, osservava il vuoto agghiacciante della balconata, saliva sul palco per fare le foto vicino alle scritte e soprattutto commentava. Sì, tutti dicevano la stessa cosa: "è incredibile... sta veramente chiudendo!". E io annuivo desolata.




Ad un certo punto ho chiesto a mia madre di farmi una foto, ma potete capire che se una reflex è ancora in parte un mistero da svelare per me, figuriamoci per lei... 
Così nel tentativo di immortalare me, non si sa come, è riuscita a fotografare il pavimento. E siccome spesso dagli errori nascono cose giuste, ecco che involontariamente ha fotografato degli strani rettangoli neri sul parquet.
Quei rettangoli non sono altro che le piantane dove erano fissate le poltrone. E che a guardarle non fanno altro che ricordare quello che è stato e che ora non è più.




Una volta saliti sul palco per fare le foto del caso, alcuni di noi giravano con fare indifferente cercando di capire se fosse possibile andare oltre. Così timidamente qualcuno spostava la tenda che separava il palco dal dietro le quinte e superata l'iniziale reticenza, visto che nessuno autorizzava, ma nemmeno proibiva, è iniziata una lenta e affollata processione nei meandri solatimente inaccessibili al pubblico. Quegli spazi che tanto amavo in villaggio, lì dove si respira l'aria di chi il teatro lo fa. Chiaramente i lavori per "uccidere" il teatro erano già cominciati, infatti nel dietro le quinte non abbiamo trovato altro che roba dismessa e ammassata compresa l'americana! Non vorrei che qualcuno pensasse ad una giovane donna statunitense abbandonata in mezzo ai resti del teatro... Nooooo, l'americana è e una trave a reticolo in alluminio che nei teatri serve a sostenere le luci... la vedete smontata in basso a destra nella foto...




E l'americana mi riporta ancora una volta ai miei trascorsi di villaggio... era il 2005 e stavamo aprendo per la prima volta il villaggio a Boa Vista... tutto nuovo, teatro compreso... per la prima volta nella mia vita ho assistito alla costruzione di un teatro in villaggio. Senza dubbio la parte del montaggio dell'americana è stata tra le più impegnative e memorabili. Ecco alcune immagini...




Ma tornando a Milano e allo Smeraldo, finalmente mia mamma è riuscita a farmi due foto premendo a caso il tasto di scatto della reflex e infatti ero girata di spalle... poco male!






Nei vari articoli che da settimane anticipavano i dettagli di questa serata si parlava anche di un gesto concreto e simbolico al tempo stesso che avrebbe compiuto il direttore del Teatro Smeraldo Gianmario Longoni. Ebbene, lui aveva promesso che durante la serata avrebbe tagliato il sipario in tanti pezzi quanti erano i posti a sedere in platea, quindi oltre tremila, per distribuirli a tutti i partecipanti della serata. Inizialmente l'idea era quella che ogni pezzo di velluto donato corrispondesse al biglietto di ingresso per il primo spettacolo del nuovo Teatro Smeraldo, ma alla fine non si sa nemmeno se prenderà nuovamente vita altrove. Perchè? Perchè la solita burocrazia italiana unita ad un sindaco che tutto vuole tranne che il bene dei milanesi, hanno messo i bastoni tra le ruote a questo progetto.




Longoni ha mantenuto la promessa! Per tutto il tempo è stato in mezzo alla gente, sorridente, disponibile a scambiare quattro chiacchiere con tutti.
Mi sono avvicinata per dirgli quanto mi dispiacesse questa chiusura e l'ho esortato a non arrendersi, a non abbandonare questo sogno che vale la pena di inseguire. E infine l'ho ringraziato per quello che il Teatro Smeraldo è stato per Milano e per i milanesi. E Longoni ha affermato di essere felice di aver visto accorrere tanti milanesi per l'ultima apertura dello Smeraldo. Ma i milanesi comuni... sì perchè il rammarico più grande di quella serata è stato quello di riscontrare la mancata partecipazione degli attori rinomati. Nessuno dei tanti che per anni hanno calcato quel palcoscenico.

Ingrati, aggiungo io.
E così eccomi col mio cimelio: un pezzo di sipario che custodisco gelosamente!




Per fortuna tra le foto fatte a casaccio da mia madre che, oltre a non aver ancora capito le differenze tra una compatta e una reflex, ha anche dei seri problemi di vista (sembra che io stia descrivendo una vecchia decrepita!), c'è anche questa vicino ad uno slogan di una verità sconvolgente: "Lo Smeraldo vivrà nei nostri cuori".





E come ultima immagine di quella sera vi regalo l'abbraccio di questi due ragazzi. Erano degli attori o dei semplici amanti del teatro? Forse questo abbraccio è stato solo un gesto d'affetto indipendente dall'emozione dell'evento, ma qualcosa mi dice che invece è stato un abbraccio di conforto...




Ed ecco cosa succedeva ieri in Piazza XXV Aprile, la piazza antistante il teatro: mentre il sindaco (che io non ho votato e non perdo occasione per ribadirlo!) inaugurava e festeggiava allegramente la nuova piazza, qualcosa (nello specifico delle belle sedie pesanti) gli veniva lanciato contro...


                                                                 (immagine da internet)


Non erano sedie qualunque, ma le sedie del Teatro Smeraldo. E bastava girare gli occhi per vedere che davanti al Teatro c'era tutt'altra atmosfera...



    (immagine da internet)


Infatti si consumava la protesta dei lavoratori dello Smeraldo che un lavoro non ce l'hanno più. Doppia perdita per Milano. Sai che importa della piazza nuova e dei box sotterranei per la gente facoltosa della zona...

Chiudo la parentesi polemica e anche in qualche modo politica perchè questa non è la sede giusta...
Se c'è ancora qualche sopravvissuto che è arrivato a leggere fino qui, immagino si stia chiedendo, ma tutta sta pappardella, sì carina, comprensibile, ma che c'entra con un foodblog? 

C'entra eccome... perchè lo spazio occupato dal teatro è stato già venduto. Insomma sto cercando di dirvi che al posto del Teatro Smeraldo sorgerà...




Ora, da foodblogger dovrei essere contenta, eppure non ci riesco. Forse perchè obiettivamente penso che nessun tempio della ristorazione possa sostituire un teatro. Detto questo sicuramente frequenterò Eataly anche perchè è praticamente sotto casa mia e lo vedrò dal balcone, ma non potrò mai dimenticare che è nato sui resti di uno dei teatri storici milanesi.

Tornando alla festa di chiusura dello Smeraldo, alla fine del dj set, quindi all'alba (ma io ho abbandonato molto prima!), c'è stato un passaggio delle consegne simbolico da Smeraldo a Eataly con questi ultimi che hanno offerto la colazione in piazza a tutti gli intervenuti.

Speriamo sia vero quello che si legge su internet, vale a dire che Eataly organizzerà attività ed eventi legati al teatro. E' troppo presto per sapere cosa succederà... Per un bel pezzo sarà solo un cantiere. Un altro. :-(

mercoledì 27 giugno 2012

Tortine di frolla alle mandorle con finta crema pasticcera e mele



Ho dormito solo due notti negli ultimi dieci giorni e per un massimo di sei ore per notte. Se state pensando ad una vita mondana di tutto rispetto siete fuori strada!
Non ho più l'età per quello :-) , ma soprattutto coi miei orari e ritmi di lavoro sarebbe impossibile...
La causa della mia carenza di sonno è il caldo! Come vi dicevo nel precedente post, casa mia non è solo calda, diciamo che è ideale per cuocere il pane, ma senza nemmeno accendere il forno!


Però io il forno lo accendo lo stesso e non tanto per cuocere il pane, ma per fare dolci, come sempre!  Siccome se non dormo e se non mangio divento nervosissima, per il caldo mi sono attrezzata comprando un ventilatore che ho posizionato in un punto strategico... per la fame, beh... faccio uno sforzo mettendomi ai fornelli anche quando non ho voglia e le temperature sono altissime pregustando il momento della goduria finale!



Dal mio nutrito archivio sono venute fuori queste tortine qui, nate da un classico esperimento da foodblogger, vale a dire: parto da elementi conosciuti, faccio qualche modifica qua e là e viene fuori una cosa diversa... con un po' di fortuna anche buona al punto da meritare di finire sul blog!
La base è una frolla a cui ho aggiunto le mandorle (ne avevo già parlato qui), l'interno è una crema pasticcera "tarocca" nel senso che mancano le uova (anche questa è già comparsa sul blog qui) e per completare l'interno, dei cubetti di mela.
Purtroppo sono caratterizzate da un piccolo problema estetico dato dal fatto che le mele in cottura hanno perso volume quindi (come si può vedere dall'ultima foto), hanno lasciato uno spazio vuoto tra loro e la calottina superiore della tortina! :-(
Forse avrei dovuto metterne di più...
Comunque nonostante questo inconveniente il risultato era buonissimo lo stesso!

Essendo una ricetta nata per caso, anche lo dosi sono un po' imprecise...





Ingredienti:

Pasta frolla alle mandorle (ricetta qui)
Finta crema pasticcera (ricetta qui)
mele
burro e farina per le formine
mandorle a lamelle

Procedimento:

Imburrare e infarinare le formine.
Foderarle con uno strato sottile di pasta frolla (circa 3 millimetri).
Inserire uno o due cucchiai di crema.
Coprire con i piccoli quadrotti di mele. Per evitare che succeda anche a voi come a me di trovarvi col vuoto, abbondate con le mele premendo sulla crema.
Chiudere la tortina con un disco di pasta e premere con delicatezza tutto il perimetro per sigillare.
Bagnate la superficie con un po' di acqua o, se volete, con un uovo sbattuto e cospargete con le mandorle a lamelle.
Infornate in forno caldo fino a che la pasta non risulterà dorata.




martedì 19 giugno 2012

Torta salata con patate, zucchine e pomodorini




E anche quest'anno è arrivato! Si è fatto attendere, ma finalmente è tornato! Di chi parlo? Del mio amatissimo caldo! Eh si, freddo e pioggia mi stavano veramente esasperando, ma soprattutto questa indecisione, un giorno esci con la giacca pesante e il giorno dopo con le maniche corte. Insomma di indecisa basto io... almeno le stagioni dovrebbero essere certe! E quando è momento di primavera/estate bisogna indossare solo abiti leggeri e scarpe aperte!
Ad ogni modo è arrivato di prepotenza il caldo. Non oso lamentarmi visto che l'ho desiderato tanto e che comunque resta il mio clima preferito, ma devo riconoscere che rende tutto più faticoso. La verità è che non ho fatto bene i conti con la casa nuova... me l'avevano detto che gli appartamenti del mio palazzo sono particolarmente caldi sia d'inverno che d'estate, ma abituata alla ghiacciaia (per 4 stagioni) della vecchia casa, non pensavo potesse essere realmente così torrida. Insomma bisogna barricarsi di giorno per evitare il calore del sole che batte e spalancare le finestre di notte... Beh, avrete capito che non sono munita di condizionatori... una vera e propria mosca bianca... mi è bastato dare un'occhiata ai prezzi in giro per desistere subito dalla tentazione... il massimo che posso fare è comprare un surrogato di quel diffusore d'aria a colonna che porta il nome di un uccello (eh sì, è proprio così!) bianco e nero, che sembra indossare uno completo giacca e pantaloni e che vive in luoghi molto freddi... :-)






E quando fa caldo cosa ripetono fino allo sfinimento in tv? Bevete tanto e state leggeri mangiando frutta e verdura... Vabbè, ammetto che io un bel piatto di pasta al forno non lo riufiuto neanche a Ferragosto (ehm, mi ricordo che da piccola in spiaggia nella borsa del pranzo non c'era la verdura, ma proprio la pasta al forno!), ma ogni tanto, anzi piuttosto spesso, ricorro a questa torta salata che le verdure le contiene, anche se è cotta al forno... D'altronde, a meno che non siate crudisti, i fornelli e il forno sono indispensabili per cucinare... in tutte le stagioni! Quindi, se avete una casa come la mia, accendete il forno e preparatevi ad una bella sauna... per cui se potete, svestitevi... (ehm, per soffrire meno il caldo, non per fare la sexy-cucina!)





Tornando seri, sapete già che spesso ricorro alle torte salate per salvare la cena quando la voglia di cucinare rasenta lo zero e magari anche il tempo scarseggia...
E quasi sempre, buttando dentro ingredienti a caso (ma non troppo) sulla base di quello che offre la dispensa, possono venir fuori delle cose proprio buone! E questo ne è un esempio, al punto che è diventato un must a casa mia!
E già che ci siamo, oltre alla fantasia, ringraziamo tutti in coro l'inventore della pasta sfoglia! E subito dopo un grazie anche a chi la fa buona e la mette a disposizione di tutti nel banco frigo del supermercato! Per il momento mi rifiuto di farla in casa!









Ingredienti per una tortiera di circa 28 cm (dosi modificabili a piacere):

1 confezione di pasta sfoglia rotonda
2 zucchine
1 patata grossa
6/8 pomodorini ciliegino
Formaggio tipo Galbanino
1 uovo
Parmigiano grattugiato
Olio evo
sale

Procedimento:

Stendere la pasta sfoglia all'interno della tortiera senza togliere il foglio di carta da forno. Bucherellare la superficie e mettere da parte.
Tagliare il formaggio a fettine e distribuitele nel fondo della sfoglia.

Mondate le zucchine, pelate la patata, lavatele e tagliatele a rondelle di circa 0,5 cm (se siete bravi anche più sottili).
In una padella scaldate un giro d'olio evo e fare saltare patate e zucchine fino a farle diventare leggermente morbide (non disfatte!).
Se necessario aggiungere poca acqua.
Togliete dal fuoco, scolate su carta assorbente e poi adagiate sopra il formaggio prima uno strato di patate e subito dopo uno di zucchine.
Sbattete bene l'uovo con un po' di sale e del Parmigiano e versate il composto uniformemente sulla torta salata.
Lavate i pomodorini, tagliateli a metà e distribuiteli sulla torta.
Arrotolate i bordi della pasta sfoglia per formare un cordoncino.

Cuocete la torta in forno preriscaldato a 180 gradi fino a che i bordi non saranno dorati.



venerdì 15 giugno 2012

Finta crema pasticcera (senza uova e con latte a ridotto contenuto di lattosio per gli intolleranti!)





Molto spesso vi ho parlato (annoiandovi a morte suppongo!) delle mie mille intolleranze e di come queste condizionino la mia vita tutti i giorni.
Questo succede perchè se mi sforzo di non mangiare le cose che non tollero, la mia vita viene complicata dall'impegno che devo metterci nel comprare e cucinare solo le cose non proibite. Se invece sgarro (cosa che succede di frequente, tranne per i cibi assolutamente off limits per me!) la mia esistenza sarà comunque difficile a causa delle conseguenze che 9 volte su 10 questi cibi ingeriti mi comporteranno.
Ovviamente evito di darvi i dettagli dei meravigliosi momenti che rischio di trascorrere a seguito dell'ingestione del latte o dei legumi, ecc. Ve li lascio immaginare... sicuramente non è difficile indovinare quale stanza in casa sono costretta ad occupare per diverso tempo... per la felicità della mia responsabile al lavoro e del cliente che attenderanno invano la mia presenza in ufficio!

Tra gli alimenti che non tollero non ci sono le uova, ma molte altre persone invece sono costrette ad eliminarle. Quindi ho pensato di provare questa crema pasticcera che ho rinominato come "finta" proprio perchè senza uova, quindi è la versione taroccata! Che poi credo sia utile anche per chi non soffre di intolleranze, ma magari vuole abbinarla ad un dolce già carico di uova (per esempio un Pan di Spagna) per non appesantirlo ulteriormente.

Si tratta di una specie di besciamella dolce, molto buona che al posto della crema pasticcera fa la sua figura! Provatela!

In rete si trovano molte ricette analoghe. Questa nello specifico l'ho presa qui.

Ingredienti:

500 gr latte (per me rigorosamente a ridotto contenuto di lattosio
70 gr di maizena o amido di mais
100 gr zucchero
vanillina

Preparazione:

Mettere le polveri in una pentola.
Versare un po' di latte a filo e mescolare bene sino ad ottenere una crema liscia ed omogenea, infine versare il rimanente latte, mescolare e mettere sul fuoco.
Continuare a mescolare con il fuoco a fiamma bassa.
Quando la crema si sarà addensata, togliere dal fuoco e lasciare raffreddare.
Riporre in frigo alcune ore prima di utilizzare.

martedì 12 giugno 2012

Caponata (alleggerita)



Ve l'ho mai detto che ho origini siciliane? Credo almeno un centinaio di volte, ma ripeterlo non fa male! Che poi dire "origini" mi sembra veramente riduttivo.
Sono nata e cresciuta a Milano, sono felice e orgogliosa di essere milanese e credo che non vivrò mai da nessun'altra parte. Però nelle mie vene scorre anche sangue siculo (ereditato da mia mamma) e pugliese (ereditato da mio papà) e queste due componenti hanno giocato un ruolo fondamentale nella mia vita e continuano ad influenzare il mio modo di pensare e di essere.

Insomma, sono l'esempio vivente dell'Unità d'Italia... :-)

E in tavola questo mio miscuglio di origini è una vera manna dal cielo... Se fossi stata una milanese purosangue da generazioni mi sarei persa un'enormità di leccornie. Vale a dire che avrei potuto scoprirle nel tempo, ma non avrebbero fatto parte del mio DNA... Sono cresciuta a risotto alla milanese e cotoletta, ma anche e soprattutto a pasta al forno alla messinese e polpette al sugo alla pugliese. Che libidine!

Oggi vi parlo di un altro classico della cucina siciliana, la caponata.
Esistono diverse versioni di questo piatto, ognuna tipica di una zona della Sicilia e che differiscono poco una dall'altra.

La mia ovviamente è la versione messinese, rivisitata da me...
Si tratta di un mix di verdure (patate, zucchine, melanzane, e altri ingredienti) da leccarsi i baffi e a prova di bambino schizzinoso (esattamente come ero io da piccola... e ancora adesso per certi versi!).
Il nome Caponata deriva dal fatto che originariamente il protagonista di questa ricetta era il pesce capone, poi nel tempo per motivi di risparmio, è stato sostituito dalle più economiche melanzane.
E' un contorno? Sì, ma è talmente buona che non potrete fare a meno di ripulire la padella, accompagnando il tutto con un chilo di pane... e a quel punto diventa un piatto unico... sì, l'unico piatto della giornata... (se vi interessa non tanto la prova costume, ma proprio entrarci in un costume!).
Ovviamente, parlando di verdure a qualcuno verrà in mente che si tratta quindi di una bella preparazione estiva e dietetica! Nooooo! Niente di più sbagliato! Non credo esista una sola ricetta dietetica nella storia della cucina siciliana e questa non è da meno. Non tanto per gli ingredienti, quanto per la cottura.



Cominciamo con un paio di precisazioni.
Partiamo dal titolo. L'ho chiamata Caponata "alleggerita" perchè, come dicevo qualche riga più su, è una versione rivisitata da me. Dove il verbo "rivisitare" equivale a "togliere" più che ad "aggiungere"!
Purtroppo spesso sono costretta a modificare i piatti in funzione delle mie intolleranze alimentari o delle cose che mi risultano indigeste. E infatti ho dovuto fare a meno dei peperoni che invece fanno parte di diritto di questa preparazione. Il problema è che anche solo un microscopico residuo di peperone mi rallenta la digestione di secoli... quindi evito il problema alla radice!
Altro elemento di cui faccio a meno sono i capperi, ma semplicemente perchè non mi piacciono.

Seconda precisazione: sì, sono sempre io, quella che qualche post fa annunciava tutta felice di aver trovato nella Canon Eos 600D una nuova e fedele amica, anche se da queste foto non si direbbe! E per forza, ho applicato un watermark con una data fasulla, perchè le foto sono precedenti... ve l'ho detto che sono ancora nella fase studio e che comunque ho un archivio da smaltire!
Adesso per esempio so che quell'azzurrino di fondo è dato da un cattivo bilanciamento del bianco (applauso!).

Quando inizieranno le foto serie con la reflex creerò un evento su FB!! :-)






Ingredienti
(per 4 persone):


4 patate
2 melanzane viola
3 zucchine
1 cipolla (meglio se di Tropea)
10 pomodorini (quando li trovo, io preferisco sempre i datterini)
olive verdi
sedano
olio evo
sale

Procedimento:

Se non avete trovato le melanzane viola, vi toccherà metterle sotto sale per perdere l'amaro e poi strizzarle per bene dopo almeno un'oretta.
Se invece siete stati fortunati, allora potete saltare questo odioso passaggio e cubettare le melanzane.
Tagliate a cubetti anche le zucchine e a spicchi le patate e friggeteli in abbondante olio evo bollente separatamente.
A cottura ultimata scolateli bene dell'olio in eccesso e mettete tutto da parte.
In un'altra padella fate un giro di olio evo e fate appassire a fuoco non troppo vivace la cipolla tagliata a fettine sottili e il sedano a cubetti.
Aggiungete quindi i pomodorini tagliati in due e lasciateli cuocere una decina di minuti a fuoco lento.
Denocciolate le olive verdi, tagliatele in due e, se volete, scottatele due minuti in acqua bollente.
In un piatto da portata mettete le verdure fritte e mescolate cipolle, sedano e pomodorini.
Servite e... godetevela!


 


domenica 3 giugno 2012

Pollo fritto in doppia panatura con le mandorle



Eccomi! Ormai sono quella domenica, o giù di lì. Che se riuscissi ad essere presente sempre sul blog almeno una volta a settimana sarebbe già un bel risultato!
Non vi nascondo che coi ritmi della settimana lavorativa, il week end per me è come un miraggio nel deserto. Sono sempre combattuta tra il voler ottimizzare questi due giorni facendo quelle mille cose che ho mai il tempo di fare, oppure dormendo e/o oziando, che sono tra le cose più utili del mondo. Soprattutto quando per cinque giorni a settimana di sonno e riposo ne vedi ben poco.
Alla fine mixo queste due intenzioni e come risultato c'è che non faccio a pieno nessuna delle due cose. Riposo e dormo poco e faccio si e no 3 delle 1000 cose della mia TO DO LIST.





Vi confesso anche che ultimamente la voglia di cucinare scarseggia. O meglio, do ad altre cose la priorità e quindi alla fine non cucino. Intendo dire, non sperimento ricette nuove, perchè dovendo mangiare a pranzo e a cena ogni giorno bene o male si spadella. Quindi metto mano al mio nutrito archivio e tiro fuori materiale per il blog (con le foto vecchie fatte con la compatta, ma lo sapete che dovrete attendere per le foto serie fatte con la reflex!)


Quindi nel caso siate svogliate come me, ma non prive di fame e di voglia di roba sfiziosa, restate all'ascolto. Se poi della puzza di fritto, della cucina devastata dagli schizzi d'olio e della prova costume ve ne infischiate, allora dovete proprio continuare a leggere...
Se amate il pollo come me questa ricettuzza sarà luce per i vostri occhi e gioia per il vostro palato. Se invece lo tollerate poco come mia madre, allora sarà un modo per apprezzarlo.

E' di una semplicità imbarazzante... La chiave del successo è data
dalla doppia panatura
arricchita dalle mandorle tritate che donano una croccantezza unica.
Al posto delle mandorle potete tranquillamente usare le nocciole.


Ci tengo a precisare che benchè ottimo, non può competere con il pollo fritto più buono del mondo... di cosa parlo? Ah no! Non posso svelare l'arcano così... Prima o poi vi posterò la ricetta in questione, ma sappiate che non c'è gara... c'è solo da inchinarsi a tanta prelibatezza e leccarsi le dita... (chiaramente perchè il pollo fritto si mangia rigorosamente con le mani!). Vi dico solo che una volta tanto la cucina italiana cede lo scettro ad un'altra nazione... :-)






Ingredienti (senza indicazioni precise perchè lo cucino ad occhio): 

petto di pollo
pangrattato
mandorle (o nocciole) tritate non troppo finemente
uova
olio di semi
sale

Procedimento:

Tagliare il petto di pollo a pezzetti non troppo spessi e lavarlo bene.
In un piatto sbattere bene le uova e in un altro mescolare il pangrattato con le mandorle in proporzione di 3:1.
Passare i pezzetti di pollo nell'uovo in modo da bagnare tutti i lati e successivamente panarli nel composto di pane e mandorle. Premere bene da ogni lato per far aderire bene.

Mettere a riposare in un piatto. Continuare fino ad esaurimento del pollo.
Ora riprendere pezzo per pezzo e procedendo allo stesso modo fare una seconda panatura.
Tuffare il pollo nell'olio si semi bollente girandolo, fino ad ottenere una doratura perfetta.
Scolare su carta assorbente l'eccesso di olio.