"Cucinare è come amare... o ci si abbandona completamente o si rinuncia."
(Harriet Van Horne)


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mercoledì 11 luglio 2012

La fine di un'epoca... (un post lungo e apparentemente fuori luogo, ma dovevo scriverlo!)





"Attenzione! Questo post è estremamente lungo e non contiene ricette! Se sei un/a temerario/a e vuoi leggerlo tutto sappi che è a tuo rischio e pericolo... potresti annoiarti a morte o piangere di tristezza... Se invece deciderai di saltarlo a piè pari o di non arrivare alla fine, ti capisco... però così facendo non saprai mai se sono diventata matta postando qui un simile articolo o se invece un motivo c'è... Come nei libri gialli la soluzione al mistero si trova alla fine, ma non vale scorrere fino in fondo per leggere solo l'epilogo!"

Un sabato sera d'estate come un altro. Forse solo un po' più caldo. I milanesi noncuranti della calura si "buttano giù da gara" (linguaggio da "pischella milanese"!) per raggiungere i locali nelle zone della movida. Che si fa? Facciamo un "ape" (non credo che nessuno più dica aperitivo... per tutti è solo l' "ape" !)... No, andiamo a cena... o anche, andiamo a bere qualcosa e poi andiamo a ballare.
Quando ero più mondana di adesso, nella lista dei posti dove passare una bella serata c'è sempre stato il teatro.

E così sabato 30 Giugno 2012 (data che passerà alla storia) ho messo da parte la pigrizia e la stanchezza e sono andata a teatro.
E' stato uno spettacolo diverso dal solito. Uno spettacolo che nessuno avrebbe voluto vedere, ma a cui non si poteva mancare.
Sabato 30 Giugno infatti è andata in scena la festa di chiusura del Teatro Smeraldo di Milano. Chiamarla "festa" suona sarcastico, ma è meglio festeggiare decenni di gloria che resteranno indelebili nella memoria piuttosto che piangere sulla fine ingiusta di una vera e propria istituzione.

Ho sfidato il sonno con una pennichella post-cena e ho affrontato stoicamente l'eterno e sfiancante dilemma del "cosa mi metto?" che si svolge rigorosamente davanti ad un armadio pieno fino quasi a scoppiare! Dopo la prima fase di sconforto in cui sembra sempre predominare la resa del "non ho niente da mettermi", l'outfit giusto salta sempre fuori.
Ho indossato una gonnellina bianca, un top rosso, un paio di zeppe di corda e tela bianca e una borsa rossa e sono uscita.
Solo pochi metri dividono casa mia dal teatro. Infatti ero solita dire "abito in zona Smeraldo!" Ora sarò costretta a dire "abito in zona cantiere ex Smeraldo" :-(

Mancava qualche minuto a mezzanotte quando sono arrivata davanti all'ingresso del teatro. Le saracinesche erano ancora chiuse, ma c'era già parecchia gente ad attendere l'apertura, l'ultima.
Il target era veramente eterogeneo a dimostrazione del fatto che il teatro è una forma di cultura che unisce le persone senza distinzione alcuna. C'erano ragazzi, adulti, anziani, famiglie con bambini piccoli e anche un riconoscibile gruppo di attori in erba... Perchè "riconoscibile"? Perchè gli artisti hanno sempre qualcosa di particolare che permette di renderli inconfondibili. Può essere qualcosa che indossano o un atteggiamento. Poi insomma, ho lavorato nei villaggi turistici, ho ballato una vita e lavoro coi creativi pubblicitari, che sempre artisti sono... ormai ho l'occhio clinico!
La gente che man mano arrivava aveva quasi riempito quella lingua di marciapiede risparmiata dal cantiere maledetto. Sì perchè spesso costruire qualcosa implica distruggere qualcosa d'altro.











E come a voler rimarcare questo concetto, la locandina dell'evento è stata stampata in diverse copie e la maggior parte di queste erano state appiccicate sui recinti che delimitavano il cantiere. 





Armata della mia ormai inseparabile nuova reflex ho vestito i panni della fotoreporter in concorrenza con quello che credo fosse il fotografo ufficiale... Cercavo di arrivare prima di lui e di prendere per prima le giuste inquadrature.
Peccato che lui avesse un parco ottiche di tutto rispetto e io solo la mia ciofeca 18-55 mm (che al buio o in caso di necessità di fotografare soggetti lontani è abbastanza improponibile!)... E, nonostante mi atteggiassi a paparazza, scattavo quasi a caso visto che ancora la maggior parte dei tasti e delle funzioni della mia Canon sono un mistero per me! Probabilmente il risultato è  appena guardabile, ma non potevo non avere delle foto dell'evento!





Poi ho rivolto l'obiettivo in alto, appena sopra la pensilina e non ho potuto proprio esimermi dall'immortalare un'insegna luminosa decisamente pregna di significati. Ma non per tutti. Solo per chi come me, non ha solo goduto delle emozioni del Teatro Smeraldo, ma anche di quelle di Ventaglio, l'ormai defunto Tour Operator dalle cui proprie ceneri in molti speriamo possa rinascere, come una moderna Araba Fenice.
Questi binomio è stato per tanto tempo motivo di gioia per me... i miei teatri preferiti uniti in collaborazione col Tour Operator con cui ho trascorso le più belle vacanze della mia vita e anche l'esperienza lavorativa più forte quando da turista ho deciso di passare dall'altro lato della barricata e diventare staff nei villaggi.
E il binomio teatro-villaggio l'ho appunto ritrovato anche quando lavoravo con Ventaglio nel senso che era quello il mio posto preferito. Era lì che amavo rifugiarmi quando avevo un po' di tempo libero. Non c'era bisogno che ci fossero spettacoli in scena o prove, mi bastava solo essere lì, anche da sola... e avrei potuto passare ore ad osservare ogni dettaglio. Mi sedevo sulle gradinate e lasciavo andare l'immaginazione. Mi vedevo calcare il palco come ballerina classica professionista, il vecchio sogno di bambina infranto troppo presto per colpa di un pediatra che non aveva capito che essere magri per la danza è un vantaggio e non un limite.
Oppure mi vedevo nei panni più attuali della ballerina di danze caraibiche protagonista di uno show caliente in cui già sapevo chi sarebbe stato il mio ballerino, l'abito e persino il mix di musiche su cui avremmo ballato.
E se c'era ancora tempo per fantasticare, mi alzavo e mi dirigevo prima sul palco ad osservare ogni dettaglio, luci comprese, poi mi introducevo dietro le quinte tra i camerini dove su ogni sedia c'era il nome di uno dei componenti dello staff, che ti sembrava strano vederle vuote e soprattutto ascoltare il silenzio... Se fosse stato show time quei pochi metri si sarebbero animati di gente che, dopo aver scaramanticamente urlato "merda, merda, merda", iniziava a correre di qua e di là, cambiando velocemente l'abito di scena, anche spogliandosi completamente se necessario, in una promiscuità a cui nessuno fa caso.
Passando poi per il tripudio di colori degli abiti della costumeria tra macchine da cucire sempre in funzione e scampoli di stoffe in attesa di prendere nuova vita rinnovando e arricchendo qualche vecchio e polveroso abito di scena, si arrivava ad un altro posto per me adorabile: la sala dello scenografo. In un teatro normale e non in villaggio, sicuramente le scenografie arrivano da laboratori esterni, mentre lì si fa tutto in casa... la magia dei colori, dei pannelli dipinti, del legno che prende forma ricreando paesaggi e ambienti, la bellezza di un lavoro manuale (faticoso!) e creativo che è parte integrante e fondamentale della storia che verrà raccontata in scena.
Speravo sempre di poter aiutare lo scenografo in villaggio e al mio ritorno a vita stanziale ho letto tante cose a proposito della scenotecnica teatrale e oltre al tarlo della laurea in psicologia che non ho mai conseguito per problemi familiari, si è aggiunta anche quella in scenografia!  Ora che lavoro a pochi passi dall'Accademia delle Belle Arti di Brera spesso in pausa pranzo mi siedo su una panchina nei pressi dell'ingresso e guardo gli studenti che entrano ed escono pensando ad un'altra mia possibile carriera morta ancora prima di nascere.










Finalmente qualche minuto dopo la mezzanotte hanno alzato le serrande e per l'ultima volta il pubblico dello Smeraldo ha potuto varcare la soglia del teatro.
Ad accoglierci la biglietteria sulla sinistra e il guardaroba sulla destra, ovviamente non funzionanti e poco più avanti il bar, quello invece era attivo.
Il foyer non è molto grande, infatti pochi passi dividono l'ingresso dalla tenda rossa di velluto pesante che delimita l'ingresso in sala.
Ho osservato ogni dettaglio e ho fotografato tutto quello che ho potuto... persino i cartelli con gli avvisi al pubblico! Sicuramente il cimelio numero uno è il bellissimo lampadario che domina il centro del foyer con il disco dorato da cui partono tanti fili con applicati dei vetrini. La polvere depositatasi ne ha offuscato parte dello splendore, ma io ho passato molto tempo con la testa all'insù immaginandomelo bello lucidato e non ho potuto fare a meno di pensare che a casa mia starebbe divinamente! Sarà un segno del destino che a distanza di otto mesi dal trasloco io non abbia ancora comprato un lampadario perchè nessuno mi ha convinto? Forse il destino ha voluto che mi innamorassi di questo! Sarebbe bello far vivere un pezzo di teatro nel cuore di casa mia... Ecco, se il Sig. Longoni, storico patron del teatro per qualche strano caso sta leggendo queste righe ora lo sa... se il lampadario deve finire sotto una ruspa o deve passare per le mani di indelicati operai, io voglio salvarlo!







Io e una signora anziana siamo riuscite ad entrare per prime e davanti a noi si è svelato un panorama desolante. Avevo letto in diversi articoli come si sarebbe svolto l'evento. Come giustamente descritto in quegli articoli, il teatro è stato "sventrato" delle sue poltrone per creare una grande pista dove il pubblico avrebbe potuto ballare da mezzanotte all'alba. Di fronte a noi, sul palco, si stagliava nella sua postazione molto minimal, il dj che già stava mettendo musica. 
E sullo sfondo una saracinesca con delle scritte molto eloquenti chiudeva brutalmente il dietro le quinte.




Che poi visto da una giusta angolazione e accentuato da un effetto seppia, il palco, la serranda e il dj ricordavano un po' delle atmosfere da club newyorkese fine anni 80. Io a New York purtroppo non ci sono mai stata, né negli anni 80, né dopo, ma ho visto tanti film ambientati nella grande mela e soprattutto quelli incentrati su danza e teatro. E poi volevo fare la splendida attirando l'attenzione
sulla foto qui sotto di chi è così temerario da essere arrivato a leggere fino qui!






La gente che man mano arrivava però non ballava. Si guadava intorno, osservava il vuoto agghiacciante della balconata, saliva sul palco per fare le foto vicino alle scritte e soprattutto commentava. Sì, tutti dicevano la stessa cosa: "è incredibile... sta veramente chiudendo!". E io annuivo desolata.




Ad un certo punto ho chiesto a mia madre di farmi una foto, ma potete capire che se una reflex è ancora in parte un mistero da svelare per me, figuriamoci per lei... 
Così nel tentativo di immortalare me, non si sa come, è riuscita a fotografare il pavimento. E siccome spesso dagli errori nascono cose giuste, ecco che involontariamente ha fotografato degli strani rettangoli neri sul parquet.
Quei rettangoli non sono altro che le piantane dove erano fissate le poltrone. E che a guardarle non fanno altro che ricordare quello che è stato e che ora non è più.




Una volta saliti sul palco per fare le foto del caso, alcuni di noi giravano con fare indifferente cercando di capire se fosse possibile andare oltre. Così timidamente qualcuno spostava la tenda che separava il palco dal dietro le quinte e superata l'iniziale reticenza, visto che nessuno autorizzava, ma nemmeno proibiva, è iniziata una lenta e affollata processione nei meandri solatimente inaccessibili al pubblico. Quegli spazi che tanto amavo in villaggio, lì dove si respira l'aria di chi il teatro lo fa. Chiaramente i lavori per "uccidere" il teatro erano già cominciati, infatti nel dietro le quinte non abbiamo trovato altro che roba dismessa e ammassata compresa l'americana! Non vorrei che qualcuno pensasse ad una giovane donna statunitense abbandonata in mezzo ai resti del teatro... Nooooo, l'americana è e una trave a reticolo in alluminio che nei teatri serve a sostenere le luci... la vedete smontata in basso a destra nella foto...




E l'americana mi riporta ancora una volta ai miei trascorsi di villaggio... era il 2005 e stavamo aprendo per la prima volta il villaggio a Boa Vista... tutto nuovo, teatro compreso... per la prima volta nella mia vita ho assistito alla costruzione di un teatro in villaggio. Senza dubbio la parte del montaggio dell'americana è stata tra le più impegnative e memorabili. Ecco alcune immagini...




Ma tornando a Milano e allo Smeraldo, finalmente mia mamma è riuscita a farmi due foto premendo a caso il tasto di scatto della reflex e infatti ero girata di spalle... poco male!






Nei vari articoli che da settimane anticipavano i dettagli di questa serata si parlava anche di un gesto concreto e simbolico al tempo stesso che avrebbe compiuto il direttore del Teatro Smeraldo Gianmario Longoni. Ebbene, lui aveva promesso che durante la serata avrebbe tagliato il sipario in tanti pezzi quanti erano i posti a sedere in platea, quindi oltre tremila, per distribuirli a tutti i partecipanti della serata. Inizialmente l'idea era quella che ogni pezzo di velluto donato corrispondesse al biglietto di ingresso per il primo spettacolo del nuovo Teatro Smeraldo, ma alla fine non si sa nemmeno se prenderà nuovamente vita altrove. Perchè? Perchè la solita burocrazia italiana unita ad un sindaco che tutto vuole tranne che il bene dei milanesi, hanno messo i bastoni tra le ruote a questo progetto.




Longoni ha mantenuto la promessa! Per tutto il tempo è stato in mezzo alla gente, sorridente, disponibile a scambiare quattro chiacchiere con tutti.
Mi sono avvicinata per dirgli quanto mi dispiacesse questa chiusura e l'ho esortato a non arrendersi, a non abbandonare questo sogno che vale la pena di inseguire. E infine l'ho ringraziato per quello che il Teatro Smeraldo è stato per Milano e per i milanesi. E Longoni ha affermato di essere felice di aver visto accorrere tanti milanesi per l'ultima apertura dello Smeraldo. Ma i milanesi comuni... sì perchè il rammarico più grande di quella serata è stato quello di riscontrare la mancata partecipazione degli attori rinomati. Nessuno dei tanti che per anni hanno calcato quel palcoscenico.

Ingrati, aggiungo io.
E così eccomi col mio cimelio: un pezzo di sipario che custodisco gelosamente!




Per fortuna tra le foto fatte a casaccio da mia madre che, oltre a non aver ancora capito le differenze tra una compatta e una reflex, ha anche dei seri problemi di vista (sembra che io stia descrivendo una vecchia decrepita!), c'è anche questa vicino ad uno slogan di una verità sconvolgente: "Lo Smeraldo vivrà nei nostri cuori".





E come ultima immagine di quella sera vi regalo l'abbraccio di questi due ragazzi. Erano degli attori o dei semplici amanti del teatro? Forse questo abbraccio è stato solo un gesto d'affetto indipendente dall'emozione dell'evento, ma qualcosa mi dice che invece è stato un abbraccio di conforto...




Ed ecco cosa succedeva ieri in Piazza XXV Aprile, la piazza antistante il teatro: mentre il sindaco (che io non ho votato e non perdo occasione per ribadirlo!) inaugurava e festeggiava allegramente la nuova piazza, qualcosa (nello specifico delle belle sedie pesanti) gli veniva lanciato contro...


                                                                 (immagine da internet)


Non erano sedie qualunque, ma le sedie del Teatro Smeraldo. E bastava girare gli occhi per vedere che davanti al Teatro c'era tutt'altra atmosfera...



    (immagine da internet)


Infatti si consumava la protesta dei lavoratori dello Smeraldo che un lavoro non ce l'hanno più. Doppia perdita per Milano. Sai che importa della piazza nuova e dei box sotterranei per la gente facoltosa della zona...

Chiudo la parentesi polemica e anche in qualche modo politica perchè questa non è la sede giusta...
Se c'è ancora qualche sopravvissuto che è arrivato a leggere fino qui, immagino si stia chiedendo, ma tutta sta pappardella, sì carina, comprensibile, ma che c'entra con un foodblog? 

C'entra eccome... perchè lo spazio occupato dal teatro è stato già venduto. Insomma sto cercando di dirvi che al posto del Teatro Smeraldo sorgerà...




Ora, da foodblogger dovrei essere contenta, eppure non ci riesco. Forse perchè obiettivamente penso che nessun tempio della ristorazione possa sostituire un teatro. Detto questo sicuramente frequenterò Eataly anche perchè è praticamente sotto casa mia e lo vedrò dal balcone, ma non potrò mai dimenticare che è nato sui resti di uno dei teatri storici milanesi.

Tornando alla festa di chiusura dello Smeraldo, alla fine del dj set, quindi all'alba (ma io ho abbandonato molto prima!), c'è stato un passaggio delle consegne simbolico da Smeraldo a Eataly con questi ultimi che hanno offerto la colazione in piazza a tutti gli intervenuti.

Speriamo sia vero quello che si legge su internet, vale a dire che Eataly organizzerà attività ed eventi legati al teatro. E' troppo presto per sapere cosa succederà... Per un bel pezzo sarà solo un cantiere. Un altro. :-(